CONOSCI IL LIVELLO DEI RISCHI
Gestire un’azienda è un’attività molto complessa ma può dare grande soddisfazione, un po’ come inerpicarsi su un sentiero di montagna stretto, costeggiato da cespugli, che possono accompagnarci con il profumo dei fiori
ma anche pungerci con le spine acuminate, prima di arrivare al piano
per godere di una vista eccezionale.
Per raggiungere quel luogo e goderci lo stupendo panorama, abbiamo fatto qualche chilometro ed ora vediamo le cime delle montagne di fronte
a noi e respiriamo aria pura.
Finalmente arrivati, magari ci guardiamo intorno osservando anche gli altri escursionisti: alcuni hanno un abbigliamento poco adatto: ciabatte o scarpe inadatte, si sono inerpicati nel bosco sperando che tutto andasse bene
e non accadesse nulla.
Altri hanno scarponcini da trekking, uno zainetto, una borraccia d’acqua
e qualche barretta di cioccolato, magari uno spolverino antipioggia
in montagna, si sa, il tempo cambia rapidamente.
Ti è mai capitato di vedere scene di questo tipo?
Tu come affronti una situazione del genere?
Sei previdente o affronti il percorso con gli infradito!
Se sai che sul percorso puoi incontrare situazioni impreviste, devi essere
attrezzato, essere conscio che è consigliato percorrere quel sentiero con un’attrezzatura adatta, ed avere il giusto equipaggiamento per evitare
di “farsi male” con le relative conseguenze.
Anche nelle aziende è altrettanto importante (se non di più) conoscere bene
quali siano i possibili imprevisti o danni di vario genere a cui potremmo
andare incontro, così come è fondamentale mettere in sicurezza l’azienda
e ridurre gli elementi di responsabilità, in caso di danni e imprevisti
di vario genere, a carico di imprenditori e amministratori.
La continuità dell’attività aziendale è l’elemento più importante da salvaguardare
in un’azienda, a partire dalla corretta valutazione dei cosiddetti
“danni da interruzione di attività” (spese supplementari, mancati ricavi,
perdita di posizionamento e reputazione).
Queste perdite potenziali possono essere ampiamente ridotte investendo
un po’ di euro nel "Risk Management”, un processo che ti aiuta a
comprendere quali siano i veri rischi che possono mettere in ginocchio
l’azienda e a individuare le priorità di intervento, oltre a molti
altri benefici a livello di organizzazione aziendale e dei processi.
Per avere un’idea “organizzata” di quali rischi corre un’Azienda, che ne
possono decretare la longevità o la fine, solitamente vengono
suddivisi in quadranti e specificamente:

L’analisi e valutazione dei rischi aziendali non hanno solamente un risvolto
sulla stabilità finanziaria dell’azienda, ma anche sulla responsabilità dei singoli;
chi ha la responsabilità dell’impresa, infatti, deve saper individuare,
valutare e gestire i rischi interni ed esterni.
Gli Imprenditori, gli Amministratori, i delegati in genere, hanno
delle Responsabilità personali (alle quali spesso devono rispondere
anche con il proprio patrimonio personale), ma quello che sfugge al 90%
degli Imprenditori è che vi sia anche una Responsabilità dell’Azienda (intesa come soggetto giuridico) che scorre parallelamente secondo un principio
stato istituito nel lontano 2001 (D. Lgs. 231/2001).
Conosci e gestisci adeguatamente i rischi della tua azienda?
Per l’imprenditore moderno gestire il rischio significa comprendere le dinamiche che possono mettere a repentaglio la continuità aziendale e mettere in pratica le strategie più efficienti ed economiche per proteggerne il patrimonio e gli assets, tramite delle decisioni - o delle non-decisioni- da parte di chi la guida.
Ma allora come possiamo fare per avere una “bussola” che ci orienti e ci aiuti
a fare le scelte giuste, attribuendo la giusta priorità alle nostre azioni?
All’interno del processo di Risk Management c’è la fase di “valutazione”
che deve essere preceduta da un’azione interna, indirizzata
alla capacità finanziaria esistente o necessaria per poter
sviluppare in sicurezza il proprio business.
Se pensiamo all’azienda come un “generatore di capacità finanziaria” e
questa capacità viene utilizzata per “finanziare i rischi”, un po’ come
avviene con i vasi comunicanti possiamo immaginare che man mano che il contenitore che assorbe capitale per finanziare i rischi deve rimanere
sotto alcuni livelli di guardia, che sono precisamente 4:
1) CAPACITÁ DI RISCHIO (Risk Capacity)
È la quantità di rischio massima che deve essere assunta dall'azienda per raggiungere i suoi obiettivi finanziari, in altre parole è il livello massimo di rischio che un’azienda è in grado di assumere e sopportare tecnicamente, senza violare i requisiti regolamentari o gli altri vincoli imposti dagli azionisti o dall’autorità di vigilanza.
Nel dettaglio, vanno valutati:
massima perdita di fatturato, massimo aumento dei costi
massimo numero dei giorni in fermo produttivo
... fino al limite dell’azzeramento del patrimonio netto
che corrisponde al fallimento dell’impresa.
2) PROPENSIONE AL RISCHIO (Risk Appetite)
Una volta determinato il massimo della capacità di sopportazione di un rischio, si delinea il livello di “propensione o obiettivo di rischio” ossia il limite (complessivo e per tipologia) che l’Azienda intende assumere per il perseguimento dei suoi obiettivi strategici. Questa fase è molto variabile poiché ha una componente importante che deriva dalla propensione “personale” dell’Imprenditore/Amministratore, ossia se è più o meno prudente, se vuol lavorare sul sicuro o se ama giocare d’azzardo: la propensione al rischio è proprio il livello di rischio che un’azienda sceglie come suo massimo limite e, in base a chi la governa, può essere più o meno distante dal livello di capacità massima di rischio.
L’individuazione del limite massimo fa parte della strategia d’impresa ed è decisa dall’imprenditore e/o dal Management dell'azienda, che hanno avuto il mandato dai soci per gestire l’azienda stessa.
3) TOLLERANZA AL RISCHIO (Risk tolerance)
A differenza della capacità di rischio, la tolleranza al rischio è la quantità specifica
di rischio che un'organizzazione è disposta ad accollarsi nei confronti di una specifica categoria di rischi, mantenendo la possibilità di creare margini, anche in condizioni di stress, non superando il massimo limite di rischio fissato (Risk Appetite).
Le categorie di rischio includono rischi strategici, operativi, finanziari, di conformità e reputazionali.
Nel caso in cui sia consentita l’assunzione di rischio oltre l’obiettivo di rischio fissato, fermo restando il rispetto della soglia di tolleranza, sono individuate le azioni gestionali necessarie per ricondurre il rischio assunto entro l’obiettivo prestabilito, tramite la mitigazione, la riduzione o il trasferimento.
4) RISCHIO EFFETTIVO (Risk Profile)
Infine, l’obiettivo di rischio è il livello di rischio che un'organizzazione vuole correre “fisiologicamente” per raggiungere obiettivi di business definiti, che va a definire il livello economico del rischio effettivamente assunto in un determinato momento temporale.
Se non fai niente, non rischi niente?
Purtroppo, anche se in effetti non conosco nessuno che abbia “appetito”
di fatti negativi, essi possono sempre verificarsi e allora bisogna
tollerare un certo livello di rischio, perché eliminarlo potrebbe essere
impossibile a meno che non si cambi il progetto.
Come ho detto, il Risk Appetite è la propensione al rischio
dell'impresa, ma attenzione a non esagerare!
Faccio un esempio, perché potrebbe diventare veramente pericoloso!
Immagina di immettere un po’ di perdite nel conto economico, derivanti
appunto dai rischi che hai deciso di assumere per favorire lo sviluppo aziendale.
Questo potrebbe essere l’effetto:

Ma perché è utile calcolare la “propensione al rischio” o Risk Appetite?
Individuando il livello di Risk Appetite si devono prendere in esame
la totalità dei rischi calcolandone il livello di pericolosità/probabilità
da un minimo trascurabile ad un massimo catastrofico.
Questo range sarà il metro entro il quale verranno misurati tutti i rischi,
un unico sistema di misura che consente di programmare azioni in base
alla priorità (più alto il rischio, maggiore è la priorità).

Il Risk Appetite varia di anno in anno, in quanto è strettamente legato
alle condizioni economiche dell'azienda, le quali vanno ad influire
e modificare la capacità di rischio di ciascuna Azienda.
Generalmente le aziende che attraversano un periodo di recessione
registrano una propensione al rischio più bassa rispetto
ai periodi di crescita economica, questo significa che le incidenze
(probabilità e gravità/impatto) dei rischi si alzano nei momenti di crisi
poiché la scala di misura ha livelli di tolleranza più bassi.
La crisi economica alza il livello dei rischi aziendali
ESEMPI DI DANNI CONSEGUENTI A RISCHI NON GESTITI

Prova a fare un TEST, rispondi a queste 4 semplici domande:
Hai mai fatto attività di Risk Management, anche semplice?
Sai mettere in ordine di gravità, i rischi cui potrebbe essere
esposta la tua Azienda?
Conosci quanti giorni di fermo produttivo puoi sopportare
prima di rischiare il Default?
Le tue polizze assicurative coprono i rischi gravi
che hai attentamente analizzato?
La gestione del rischio aziendale è fondamentale per mettere in sicurezza
l’azienda e per ridurre gli elementi di responsabilità, in caso di danni e
imprevisti di vario genere, a carico di imprenditori e amministratori.
Certo, potrai dirmi che hai trasferito i tuoi rischi all’assicuratore!
Il problema vero è che molti prodotti assicurativi proposti dalle compagnie
alle aziende si basano su pacchetti standard, finalizzati all’utile
dell’assicuratore e coprono solo i rischi comuni in modo generico,
senza andare in profondità e quindi senza identificare e trasferire i rischi
più specifici per la tua Azienda.
Per costruire un programma assicurativo efficiente, o analizzare quello
in corso, è necessario conoscere in modo chiaro i rischi insiti
nella propria azienda e sviluppare la soluzione più consona.
Seguendo un processo strutturato e sequenziale, come il Risk Management,
è un po’ più facile ed è utile anche ai fini assicurativi: ti consente di avere consapevolezza e soprattutto un parametro, che assieme ad altri, puoi utilizzare per determinare le soglie di SCOPERTI e FRANCHIGIE e di conseguenza
determina il costo del premio assicurativo più corretto.
Fabio Ferrari

Negli ultimi anni assistiamo costantemente, da nord a sud dell'Italia,
ad un aumento di disastri atmosferici dovuti a forti precipitazioni improvvise
che in poco tempo distruggono raccolti, scoperchiano case, capannoni,
allagano paesi, città ed attività commerciali ed industriali.
Purtroppo, lo Stato italiano supporta poco le Famiglie, le Attività Commerciali
e le Aziende quando accadono questi eventi.
La maggior frequenza e la potenza devastante di questi fenomeni atmosferici spesso mettono in ginocchio le persone che si trovano a dover
fronteggiare questi eventi.
Forse allora è meglio pensare che “chi fa da sé fa per tre” (se non è proprio così, almeno si fa qualcosa e non si aspetta che “qualcuno” ci pensi al posto nostro).
Una delle possibili soluzioni che si possono adottare in azienda, ognuno per sé
o in consorzio/associazione, è di adottare un Piano per la gestione della Crisi,
ossia un Business Continuity Plan (per dirla in inglese), in altre parole un metodo per garantire la continuità produttiva ed aumentare la resilienza dell’impresa.
È evidente che per adottare queste soluzioni per “gestire i rischi” e strutturare un “piano di crisi”, si debba partire da una analisi dei rischi preventiva, dalla quale emerga chiaramente quale può essere la situazione di crisi prevedibile
ed il suo effetto devastante.
In base a questa evidenza, si potrà avviare il processo per impostare correttamente la propria strategia per la continuità aziendale e predisporre un piano di gestione della crisi adeguato, efficiente ed efficace (senza scomodare le normative
ISO 22301 internazionali che ne definiscono i parametri).
Ma, per gestire il rischio e prendere decisioni di business accurate
è importante conoscere l’ambiente in cui ci si muove: il tipo
e la gravità delle minacce cambiano continuamente e in modo accelerato,
passando rapidamente dagli incidenti sanitari, che hanno sostituito
le interruzioni IT e delle telecomunicazioni come causa principale
di interruzione per le organizzazioni negli ultimi dodici mesi.
Ci sono anche situazioni, come il cambiamento climatico, ad esempio,
che ha portato alcune organizzazioni a fermare alcuni progetti
di costruzione, mentre altri hanno dovuto arrestarsi
dopo le proteste degli attivisti contro il riscaldamento globale.
Tra le tante preoccupazioni che affliggono chi ha delle attività,
per i prossimi 12 mesi, ci sono quelle per le quali si ha meno controllo
come: le cause di business interruption,
gli attacchi informatici e la violazione dei dati.
Non posso evitare di evidenziare che abbiamo ancora degli strascichi dati dell’epidemia di COVID-19 che ci portano drammaticamente
nell’ambito delle emergenze sanitarie e delle malattie non professionali.
Ciò dimostra l'importanza di delineare un orizzonte
quanto più verosimile possibile ed essere preparati all'imprevisto.
Ma come fare?
Sinteticamente, senza ovviamente poter essere esaustivo,
posso elencare una serie di aspetti che vanno cronologicamente
valutati ed attuati, ma non prima di rappresentare graficamente
cosa accade nel momento in cui accade l’irreparabile
ed i rispettivi effetti sul patrimonio aziendale:
Negli ultimi anni assistiamo costantemente, da nord a sud,
ad un aumento dei disastri atmosferici dovuti a forti precipitazioni
improvvise che in poco tempo distruggono raccolti, allagano paesi, città
ed attività commerciali ed industriali, venti e trombe d'aria che
scoperchiano case, capannoni,
Purtroppo, lo Stato italiano supporta poco le Famiglie,
le Attività Commerciali e le Aziende quando accadono questi eventi.
La maggior frequenza e la potenza devastante di questi
fenomeni atmosferici spesso mettono in ginocchio le persone
che si trovano a dover fronteggiare da soli questi eventi.
Forse allora è meglio pensare che “chi fa da sé fa per tre”
(se non è proprio così, almeno si fa qualcosa e non si aspetta
che “qualcuno” ci pensi al posto nostro).
Una delle possibili soluzioni che si possono adottare in azienda,
ognuno per sé o in consorzio/associazione, è di
adottare un Piano per la gestione della Crisi,
ossia un Business Continuity Plan (per dirla in inglese),
in altre parole un metodo per garantire la continuità
produttiva ed aumentare la resilienza dell’impresa.
È evidente che per adottare queste soluzioni, “gestire i rischi”
e strutturare un “piano di crisi”, si debba partire
da una analisi dei rischi preventiva, dalla quale emerga chiaramente
quale può essere la situazione di crisi prevedibile ed il suo effetto devastante.
In base a questa evidenza, si potrà avviare il processo
per impostare correttamente la propria strategia
per la continuità aziendale e predisporre un piano di gestione
della crisi adeguato, efficiente ed efficace
(senza scomodare le normative ISO 22301 internazionali
che ne definiscono i parametri).
Ma, per gestire il rischio e prendere decisioni di business accurate
è importante conoscere l’ambiente in cui ci si muove:
il tipo e la gravità delle minacce cambiano continuamente
e in modo accelerato, passando rapidamente dagli incidenti sanitari,
che hanno sostituito le interruzioni IT e delle telecomunicazioni
come causa principale di interruzione per le organizzazioni
negli ultimi 24 mesi.
Ci sono anche situazioni, come il cambiamento climatico,
ad esempio, che hanno portato alcune organizzazioni a fermare
alcuni progetti di costruzione, mentre altri hanno dovuto arrestarsi
dopo le proteste degli attivisti contro il riscaldamento globale.
Tra le tante preoccupazioni dei professionisti e degli amministratori
di aziende, per i prossimi 12 mesi, ci sono quelle
per le quali si ha un minor controllo come:
le cause di business interruption, gli attacchi informatici
e la violazione dei dati.
Non posso evitare di evidenziare che abbiamo ancora
gli strascichi dell’epidemia di COVID-19 che ci portano drammaticamente nell’ambito delle emergenze sanitarie e delle malattie non professionali.
Ciò dimostra l'importanza di delineare un orizzonte
quanto più verosimile possibile ed essere preparati all'imprevisto.
Ma come fare?
Sinteticamente, senza ovviamente poter essere esaustivo,
posso elencare una serie di aspetti che vanno cronologicamente
valutati ed attuati, ma non prima di rappresentare graficamente
cosa accade nel momento in cui accade l’irreparabile ed
i rispettivi effetti sul patrimonio aziendale:
